Non si poteva certo arrivare impreparati al convegno. Era necessario riportare alla memoria le parole e i pensieri dei grandi maestri della filosofia. A questo fine sono serviti i dibattiti in classe, gli approfondimenti a casa, e lo stream attivato su classroom per la discussione e il confronto.
I frutti di questo lavoro si sono poi mostrati in quella che è forse stata la parte più interessante del convegno: il momento in cui le nuove generazioni, quei giovani tanto accusati di superficialità e di scarso interesse per l'approfondimento, si sono confrontati con quei maestri che sedevano al di là del podio, ponendo domande, chiedendo opinioni, stuzzicando e stimolando.
E' stato chiesto quale fosse il rapporto tra etica e metafisica; c'è chi ha sottolineato l'importanza della spinta propulsiva che la metafisica dà al progresso; chi ha svolto una profonda riflessione sull'attualità di questa 'non scienza', definendola come lo strumento che libera l'uomo dal suo atteggiamento di indifferenza e che lo stimola a cercare la verità senza paura della sofferenza.
Altri si sono chiesti se il tempo esista veramente o sia solo il frutto della mente umana; altri ancora se l'inappagabile desiderio di conoscere l'infinito faccia dell'uomo un essere miserabile o, al contrario, lo innalzi sopra le altre creature.
In quei momenti destinati al confronto, sono stati toccati tutti, o quasi, gli aspetti della metafisica.
Le risposte sono state esaustive e illuminanti, il professor Donà e il professor Dottarelli, appoggiandosi ai grandi filosofi del passato, hanno via via delineato i confini di una nuova filosofia, plasmata sulla modernità: una filosofia che non ignora i limiti dell'uomo, ma che al contrario ne trae forza, una filosofia che ammette l'impossibilità di conoscere 'il tutto', ma che accetta il progredire della conoscenza umana, una filosofia che guarda al futuro, ma che rimane inevitabilmente legata al passato.
"Io non sono quello che sono".
E' utilizzando le parole che Shakespeare mette in bocca a Jago, che il Professor Donà ha lanciato la sua provocazione dinanzi agli occhi sgranati e alle orecchie incredule di una giovane platea attenta a non lasciarsi sfuggire neanche una parola di quell'interessante interpretazione che il Professore andava prospettando. No, Massimo Donà non è un mago, non è un prestigiatore, né tantomeno un illusionista. Quello che ha fatto è stato semplicemente limitarsi a porre trecento ragazzi faccia a faccia con la Verità, creando una di quelle atmosfere che De Chirico avrebbe reso protagonista della propria "arte metafisica", di un'arte, cioè, capace di proiettare l'osservatore oltre il "principium individuationis", oltre quelle baudelairiane "correspondences" che, pur richiamando l'uomo all'Assoluto, finiscono per separarlo drammaticamente dal suo obiettivo.
Ludovico Ermini e Naomi Virgilio
Classe 5S2