Cinque ragazzi di 18 anni accennano passi di danza sullo sfondo di un rap che sembrano sentire solo loro. Cosa c’è di insolito, a parte i caschi protettivi di plastica colorata che indossano tutti? Forse il fatto che si trovano a 150 metri di profondità sotto terra,
in una enorme caverna riempita da un mastodontico rivelatore di particelle: oltre 500 metri cubi di tecnologia del futuro, un intrico ordinato e colorato di cavi, tubi, scintillatori, solenoidi…Questi ragazzi fanno parte di un gruppo di 43 fortunati studenti del Liceo Scientifico “E. Majorana” di Orvieto, che hanno iniziato l’anno scolastico con un viaggio davvero fuori dal comune: la visita del CERN a Ginevra, il più avanzato laboratorio di fisica delle alte energie esistente al mondo.
Siamo in fondo a uno dei pozzi sperimentali di LHC, l’acceleratore lungo 27 km che dal prossimo novembre farà correre e poi scontrare protoni nel sottosuolo di Francia e Svizzera quasi alla velocità della luce. Il tubo in cui le particelle saranno accelerate sarà il posto più freddo e più vuoto dell’universo, e dalle loro collisioni nasceranno altre particelle di materia e di antimateria dai nomi strani come muoni, neutrini, pioni e kaoni. Fin qui non ci sarebbe nulla di radicalmente diverso rispetto a quanto già fatto al CERN negli anni che hanno visto meritare il Nobel a Rubbia e poi negli anni novanta. Quello che è inedito è l’energia a cui lavorerà LHC, che permetterà di simulare le condizioni dell’universo ad appena un decimo di miliardesimo di secondo dal big bang, quando la sua temperatura era 100 milioni di volte più alta di quella del nucleo del sole, permettendo così di mettere alla prova gli attuali modelli fondamentali della fisica. Ma il Large Hadron Collider è diventato famoso anche grazie alla leggenda metropolitana, che si era diffusa alla fine dell’estate 2008, che annunciava l’imminente fine del mondo a causa dei buchi neri che si sarebbero formati con l’inizio delle collisioni tra i protoni.
In realtà quello che successe nel settembre 2008 fu un disastro, ma solo per i fisici che aspettavano di iniziare a prendere i dati: un guasto capitato nelle prime ore di accensione di LHC portò alla decisione di modificare alcuni componenti comportando un ritardo di oltre un anno nell’avvio – tutto sommato un bel colpo per noi. “Siete davvero fortunati, siete gli ultimi visitatori che facciamo scendere nel tunnel di LHC, dalla settimana prossima entriamo in fase pre-operativa” ci annuncia sorridendo Guido, uno dei tre fisici che ci guidano nella visita, mentre dirige le operazioni di ingresso degli studenti all’ascensore. Si scende solo in gruppi di 12 e ognuno, ricevuto il token magnetico che gli permette l’accesso, deve eseguire da solo la procedura che lo fa transitare per un abitacolo che subito tutti identificano con quello del teletrasporto di Star Trek. Una volta ricostituito il gruppo, il ricercatore ci dà qualche ragguaglio sulle procedure di sicurezza e si scende nella caverna che ospita LHCb, uno dei quattro esperimenti a LHC, che si occuperà in particolare di capire come mai nel nostro universo c’è così poca antimateria.
In effetti non avevamo nutrito alcuna speranza di poter scendere, quando avevamo prenotato la visita quasi due anni fa; tanto è il tempo di attesa, vista la richiesta dalle scuole di tutta Europa. “Cercheremo subito di ottenere un posto per il 2011, sarebbe bello far diventare questo viaggio un appuntamento biennale della nostra scuola”, dice la Prof.ssa Laurenti, una dei docenti organizzatori, da sotto il caschetto di plastica rossa.
Se è vero che questi studenti sono stati fortunati ad avere una tale opportunità offerta dalla scuola, bisogna però dire che se la sono anche meritata: il Liceo ha voluto sperimentare una formula nuova per valorizzare le eccellenze portando al CERN i 43 migliori tra i 409 che frequentano le tre classi terminali, selezionati secondo una graduatoria costruita sulla base del profitto e della condotta.
Certo, anche i compagni rimasti in classe hanno condiviso tutte le attività preparatorie di questo viaggio, che si sono svolte l’anno scorso: un ciclo di quattro conferenze sulla fisica delle particelle elementari e di LHC, culminato con l’intervento del Dott. Spiga, un ex allievo del Liceo Majorana che oggi ha un contratto come fisico con il CERN. Ma sicuramente i 43 “eccellenti” che si sono ritrovati a scendere nel pozzo del sito francese di Prevessin del CERN sono quelli che hanno fatto l’esperienza più significativa. La canzone che stanno ballando quei cinque ragazzi in fondo al pozzo è “LHC rap”, un magnifico esempio di divulgazione scientifica di alto livello, una videoclip che spiega LHC e i suoi esperimenti, che ha fatto da colonna sonora a tutti gli interventi preparatori dell’anno scorso. “Professore ci riprenda, mi serve per il video con cui aprirò la mia tesina” chiede Irene, una brava studentessa che ha già da tempo deciso di incentrare il suo percorso d’esame sulla ricerca fondamentale in fisica. E di cose da raccontare a giugno ne avrà, dopo i nove mesi del corso di fisica del novecento che la aspettano, se già a settembre ha ricevuto, insieme ai suoi compagni, i complimenti dei ricercatori del CERN per la preparazione dimostrata.
Ma anche Debora, nonostante abbia interessi più rivolti alle lingue, sul pullman che ci riporta a Orvieto chiede chiarimenti sulle differenze tra leptoni e adroni, e appena entriamo nel merito si forma un cerchio di facce curiose e attente. Detto da un prof, che piacere!
“Il nostro Istituto ha da tempo scelto la dimensione europea come fondamento di una didattica e di processi di apprendimento che puntano alle competenze. Il CERN è stato il primo grande esempio di collaborazione a livello europeo; questo viaggio si inserisce in modo naturale nel nostro piano dell’offerta formativa”. Ha ragione il Dirigente F.R. Barbabella: nei laboratori di Ginevra collaborano gli scienziati inviati da 60 nazioni contribuenti. Si può ben dire che mentre si fanno collidere particelle si dà anche un contributo per evitare che collidano i popoli.